lunedì 21 febbraio 2011

INTERVISTA DI LUCIANO SARTIRANA



L'autore come testimone critico

Luciano Sartirana intervista
ALESSANDRO BASTASI
  

http://www.edizionidelgattaccio.it/eg-ibastasi.html

Parlaci di “La gabbia criminale”, il tuo ultimo libro…
"La gabbia criminale" (Eclissi editrice) è un noir. No, è un romanzo storico di denuncia sociale. No, è un romanzo psicologico. In realtà è tutto questo mescolato in un cocktail che mi auguro sia di gradimento a un pubblico vasto, non legato a uno specifico genere.
È un noir in quanto a struttura e atmosfera: c’è un duplice omicidio commesso nel 1953, compaiono efferatezze di vario tipo, il tutto avvolto in un’atmosfera torbida in cui ciò che appare non coincide mai con quello che in realtà è.
È un romanzo di denuncia sociale perché, almeno nella mia intenzione, mette in luce gli aspetti peculiari di una comunità di piccola provincia: l’essere un microcosmo chiuso con le sue regole, le sue ipocrisie e le sue paure, le bugie, il familismo amorale, il conformismo, la falsa solidarietà che si sfalda alla prima occasione.
Ed è un romanzo psicologico perché in realtà tutta la prima parte si svolge in larga misura nella mente del protagonista, Alberto, l’io narrante: dove il tempo non esiste, il presente e il passato si confondono; dove una girandola di personaggi fa la sua comparsa, alcuni per il tempo di un respiro; dove anche la casa, quella in cui Alberto è tornato a vivere dopo tanti anni, che nella letteratura psicanalitica tipicamente rappresenta l’io, è un personaggio, con le sue ombre, i suoi odori, i suoi fantasmi.

Cosa ti ha spinto a iniziare a scrivere? 
Ho scritto fin dai vent’anni, quando componevo i miei racconti e con questi rompevo le balle all’intellighentjia della città in cui sono nato, Treviso, dove peraltro è ambientato "La gabbia criminale". A scrivere mi spingevano soprattutto le suggestioni letterarie degli autori che allora mi avevano colpito, da Pavese a Sartre, da Dos Passos ai calssici russi… Poi arriva la passione per il teatro, anni sul palcoscenico del teatro Ridotto di Venezia… e poi, nel 1976, a Milano per ragioni di lavoro, riprendo a scrivere su un quotidiano e su riviste di settore come cronista teatrale. Senza comunque smettere di scrivere racconti. Il salto alla scrittura di romanzi avviene dopo una mia esperienza in Russia, tra il 1990 e il 1994, quando elaboro il mio primo romanzo, "La fossa comune", in cui cerco di tracciare la storia che in quegli anni porta il paese dall’Unione Sovietica di Gorbachev al regime mafioso pre-capitalista di Eltzin, con particolare attenzione allo stravolgimento sociale e delle coscienze che questo ha comportato. Tutto ciò narrato attraverso le vicissitudini di un italiano ex sessantottino che si fa coinvolgere in un attentato a Eltzin. Una sorta di thriller politico-sociale-psicologico.

I temi che più ti appassionano, che ti fanno venire voglia di scriverne…
Temi sociali della storia recente, senza dubbio. Non riesco a scrivere altro, né mi interessa. Temi che possono scaturire dalle cronache di tutti i giorni. Il nuovo romanzo che ho appena finito di scrivere, ad esempio, ha come argomento di fondo il tema dell’immigrazione nella provincia veneta; il plot narrativo è ancora una volta costruito sul modello del noir, ma la finalità ultima consiste nel voler illustrare le condizioni di vita dei migranti alla luce delle recenti leggi sulla “sicurezza”. Alessandro Magherini, redattore editoriale e poeta, presentando La gabbia criminale ha detto che, fatte ovviamente le dovute proporzioni, i miei romanzi sono “manzoniani”, nel senso che la storia è uno dei protagonisti, se non “il” protagonista.

Che persone sono i tuoi protagonisti e i tuoi colpevoli? 
I miei protagonisti sono persone la cui vita è drammaticamente intrecciata al contesto in cui vivono, da cui si fanno condizionare o contro il quale danno vita a una ribellione che le rende invise alla massa conformista. I miei colpevoli sono quasi tutti appartenenti al primo tipo: è il condizionamento cui sono sottoposti, è il conformismo assunto loro malgrado a regola di vita a renderli dei criminali. Per questo li condanno, non solo e non tanto per i crimini che hanno commesso quanto perché non hanno saputo reagire alla melma che li circonda.

Quali sono le autrici e gli autori che leggi con più piacere, e/o che ti hanno aiutato a migliorare il tuo stile? 
Difficile dirlo, non saprei chi mi ha aiutato a migliorare lo stile. Sono molto legato ai classici, a partire dai poemi omerici per arrivare ai romanzi russi. Pensa che per scrivere La fossa comune ho volutamente cercato di echeggiare la struttura, il clima, lo stile dei romanzi di Dostoevskij! Con "La gabbia criminale", però, mi è stato detto che sto arrivando a uno stile più personale, più fluido, più “semplice”, che non vuol dire semplicistico. Gli autori contemporanei che amo particolarmente sono Saramago e Tabucchi, e tra gli autori di noir Massimo Carlotto e Maurizio De Giovanni.

Secondo te, che ruolo ha o – più direttamente – a cosa serve uno scrittore nella società di oggi, dove l’attenzione è distratta da molti più media e modi di passare il tempo rispetto a una volta? 
Dice Massimo Carlotto: “L’autore deve attraversare il suo tempo occupandosene”. Questo anche secondo me è il ruolo dello scrittore nella società d’oggi. Essere testimone critico, non essere mai compiacente e nemmeno limitrofo al potere. E per svolgere questa funzione usare tutti i mezzi possibili, dai social network alla televisione, se ci riesce, fino ai sit-in in piazza. Come fa Roberto Saviano, del resto. Ma non tutti siamo dei Saviano, anzi, pochissimi, quindi lo scrittore che vive il suo ruolo come testimonianza deve decidere comunque di “contaminarsi”, uscire dalle biblioteche, scoprire e soprattutto accettare nuovi strumenti, gli audio-book, gli e-book… Io sono nato alla fine della prima metà del secolo scorso, quindi sono ovviamente legato ai libri di carta, ma la fruizione del libro andrà sempre di più nella direzione del digitale.

Hai altri interessi artistici, oltre alla letteratura? 
Beh, il teatro è sempre nel mio cuore. Saltuariamente ancora oggi calco le scene, un paio d’anni fa ero il dottor Diarroichus nel "Malato immaginario", attualmente sono Il Giudice in "Virginia", un atto unico scritto da Dolores Fusetti, Giorgio Battarino e Luciano Sartirana, andato in scena il 20 novembre al teatro Santuccio di Varese, un testo che analizza i rapporti tra il giudice, l’avvocato e una ragazza arrestata per droga nella fase delle indagini preliminari.

La principale difficoltà che trovi nello scrivere…
Una volta individuato il tema attorno al quale costruire il romanzo, le difficoltà maggiori sono strutturare una trama che stia in piedi, che sia coinvolgente, che tenga avvinto il lettore, che sia in sintonia col senso che voglio esprimere, e inventare i personaggi. Tutto questo avviene di solito nella mia testa, anche per parecchi mesi, un periodo di elucubrazione che mi vede a volte bloccare l’auto con cui sto andando in autostrada per fermarmi al più vicino autogrill e prendere freneticamente degli appunti su uno snodo possibile della storia, o sulla caratterizzazione di un personaggio. Fatto questo, la scrittura vera e propria, al computer, mi viene quasi automaticamente, a volte sono i personaggi stessi a suggerirmi strada facendo situazioni, dialoghi, scarti improvvisi che non avevo previsto…

Raccontaci una normale giornata da Alessandro Bastasi…!
Dovendo purtroppo fare anche altro per vivere, la mia giornata è scissa tra il tempo che dedico all’attività che mi permette di mangiare (e di scrivere) e il tempo che dedico alla scrittura, che necessariamente è quello serale, o notturno, o dei week-end, o delle vacanze. In realtà, mentre sto pensando al “lavoro”, spesso penso anche al romanzo che sto scrivendo, verbi da usare, sostantivi da cambiare, aggettivi da eliminare, in un diluvio di post-it… A volte però mi coglie una frenesia tale da costringermi a prendermi alcune giornate da dedicare solo alla scrittura, e in quei momenti non ci sono per nessuno. Fortunatamente posso permettermelo, non avendo padroni che me lo impediscano e potendo contare invece su dei bravi collaboratori cui delegare…

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